Testi, autori e intelligenza artificiale

Roland Barthes, nel “Brusio della lingua. Saggi critici IV”, scrive: ..l’essere totale della scrittura è un testo fatto di scritture molteplici…esiste però un luogo in cui tale molteplicità di riunisce, e tale luogo non è l’autore bensì il lettore, e poi ancora: l’unità di un testo non sta nella sua origine, ma nella sua destinazione ecc. Barthes, in un’epoca molto lontana, pre-digitale, portando avanti la sua critica destrutturante contro  l’ideologia capitalistica colpevole di attribuire la massima importanza alla persona dell’autore, né preconizzava la morte come condizione per la “ri-nascita” del lettore.

Oggi, in una realtà completamente diversa, “digitalizzata”, caratterizzata dall’ubiqua pervasività della Rete, sembra potersi avverare quell’antica profezia di “morte dell’autore”. Ma questa volta, non per mano della critica al sistema capitalistico, bensì grazie all’impatto dei sistemi di intelligenza artificiale.

Su queste suggestivo scenario, si è basato un recente seminario dal titolo: Imitation game. L’intelligenza Artificiale entra nel mondo del libri, di Maurizio Lana dell’Università del Piemonte Orientale. L’occasione, per evocare Alan Turing e parlare di algoritmi ed editoria: una riflessione sull’iniziativa – del 2019 –  da parte dell’editore Springer di dare alle stampe il primo libro al mondo di ricerca scientifica generato da una macchina.

Si tratta di: Lithium- Ion Batteries, libro che fornisce una panoramica sulle ultime ricerche sulle batterie agli ioni di litio. La base dati per la sua realizzazione è stata ricavata dall’universo di contenuti tecnico-scientifici già posseduti dall’editore Springer sui quali, ha prima lavorato un gruppo di esperti per circoscrivere gli argomenti, e subito dopo è intervenuta un’applicazione di machine learning in grado di leggere e apprendere le caratteristiche degli articoli selezionati. Lavoro di machine learning che è stato  infine sottoposto di nuovo agli esperti umani per una revisione finale.

A questo punto, arrivati alla stesura finale, è scattata l’ora dell’intelligenza artificiale.  La generazione finale del libro  – 233 pagine suddivise in  4 capitoli, paragrafi e sotto-paragrafi – è stata presa in mano, in qualità di autore principale,  dall’algoritmo Beta Writer – sviluppato grazie alla collaborazione tra Springer e il laboratorio di linguistica computazionale applicata dell’Università Goethe di Francoforte –  che ha provveduto alla scrittura definitiva del testo, in pratica mediante un riassunto incrociato di tutti gli articoli di ricerca precedentemente selezionati, inserendo nel testo anche i collegamenti ipertestuali ai documenti originali. Gli esperti umani, che si sono limitati a scrivere l’introduzione,  nel lavoro di redazione eseguito da Beta Writer non sono  intervenuti: astenendosi assolutamente da qualsiasi intervento di modifica o correzione del testo.

Nel seminario di Maurizio Lana, le riflessioni più interessanti si sono concentrate sulla questione dell’autorialità imposta dall’ingresso dell’intelligenza artificiale nella produzione del “prodotto libro”. L’autore,  secondo tutti i criteri di classificazione,  è colui che concepisce e crea  un’opera letteraria, scientifica, artistica. Finora tutti i sistemi di catalogazione conosciuti presuppongono che la responsabilità autoriale sia a capo di una o più persone fisiche. La comparsa di un algoritmo come autore, ovviamente, getta scompiglio in tutto ciò.

Tra l’altro, l’ulteriore sviluppo delle tecnologie digitali in ambito editoriale, prevede, come hanno spiegato i responsabili della casa editrice Spring nel presentare il loro Lithium- Ion Batteries , soprattutto per quel che riguarda l’editoria accademica, nuove opportunità per esplorare la possibilità di generare contenuti scientifici con l’ausilio di algoritmi. In particolare, ai contenuti ancora interamente creati dagli umani, si affiancheranno sempre di più non solo testi creati esclusivamente dalle macchine, ma anche tutta una varietà di combinazioni di prodotti editoriali generati dal lavoro combinato tra uomo e algoritmi. Questo significa che la concettualizzazione dello status di autore si complicherà ulteriormente con il prossimo l’arrivo di prodotti editoriali frutto di un’autorialità ibrida con confini sempre più sfumati tra uomo e macchina.

Il Barthes di fine anni ’60 non avrebbe mai immaginato tali scenari e possibili epiloghi. Secondo la sua teoria, la “dittatura” dell’autore era un prodotto – sbagliato – della modernità e, paradossalmente, è proprio questa stessa modernità,  diventata nel frattempo tecnologicamente ipertrofica, che  oggi può causare davvero la “morte dell’autore”.  Forse Barthes sottovalutò, e non fu il solo, la comparsa del primo segnale di  Imitation game. Nel 1952 Chistopher Strachey, ispirato dal lavoro di A. M. Turing “Computing machinery and intelligence”, programmava un computer Manchester Mark 1 utilizzando un algoritmo combinatorio basato su 70 parole, creando così il primo generatore di testi: “Lettere d’amore”. Il computer permetteva un’esplosione combinatoria dei risultati: con sole 70 parole di base si potevano ottenere fino  300 miliardi di lettere diverse! Era un primo segnale della potenza della tecnica che anticipava il futuro dell’intelligenza artificiale.

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